E cosi vorresti fare lo scrittore?
"Se non ti esplode dentro
a dispetto di tutto,
non farlo.
a meno che non ti venga dritto dal cuore
e dalla mente e dalla bocca
e dalle viscere,
non farlo..."

C.Bukowski

venerdì 26 aprile 2013

Play with Fire. Lita Ford


Donna di indubbio fascino e signora indiscussa del rock, la protagonista dell’articolo di oggi è Carmelita Rosanna Ford in arte Lita Ford. Nata nei pressi di Londra nel 1958 si trasferì presto in California. Qui scoprì l’amore per la musica, specie dopo che a 11 anni le regalarono una chitarra classica. La passione per la musica venne incoraggiata dai genitori (un militare britannico e una donna italiana). A 13 anni assiste ad un concerto dei Black Sabbath, grazie ai quali scopre e si appassiona all’Heavy Metal. Continuò a suonare la chitarra sulle orme dei suoi idoli, Black Sabbath,  Deep Purple e Jimmy Hendrix mentre lavorando come infermiera, riesce a mettere da parte dei soldi con i quali compra un Gibson SG, proprio come quella di Tony Iommi. Nel 1975 la giovane Lita dopo aver letto un annuncio sul giornale si presenta alle audizioni per una band al femminile. Il provino va meglio del previsto e Lita entra a far parte delle Runaways come bassista. Ma ben presto rivela la sua natura da chitarra solista e  il produttore le offre immediatamente questo ruolo. Ma il sodalizio dura pochi giorni e Lita lascia il gruppo per contrasti con  il manager Kim Fowley. L’insistenza delle altre la richiama nel gruppo. Lita porterà una ventata Haevy Metal alle sonorità del gruppo. Con le Runaways incide tre album The Runaways (1976), Queens of Noise (1977) e Waiting for the Night (1977).  Il  poco successo riscosso portò presto le ragazze a separarsi e nel 1979 si sciolsero definitivamente. Accantonato il progetto Runaways Lita tira su un altro gruppo insieme alla batterista Sandy West destinato a morire. Sconfortata Lita accantona la carriera musicale fino a quando non incontra Eddy Van Hallen il quale le suggerisce di non sprecare il talento che ha. Inizia a prendere lezioni di canto. Inoltre a quel tempo conviveva con Nikki Six( Mötley Crüe) e firma un contratto da solista con la Mercury Records. Esce il primo lavoro Out for Blood, dalle sonorità chiaramente Haevy Metal, ma a  causa della scarsa pubblicità l’album non ottiene grande successo. Apportando dei cambiamenti, l’anno seguente viene pubblicato Dancin’on the edge che presenta atmosfere più leggere e la presenza del sintetizzatore. Il terzo lavoro di Lita vede la luce sotto l’etichetta RCA Records, e sotto la direzione di un nuovo manager Shanon Osbourne moglie di Ozzy Osburne la quale suggerisce di inserire nel l’album collaborazioni con nomi importanti. Così escono  fuori pezzi che hanno fatto storia,  come la ballad If I close my eyes forever cantata in coppia con Ozzy. Grazie al successo ottenuto lita va in tour intorno l’ Europa con i Poison e i Bon Jovi.  Era il 1989. Gli anni novanta si aprono con il matrimoni di Lita e Chris Holmes(W.A.S.P) e la pubblicazione di Stiletto album che contiene una reinterpretazione di  Only Woman bleed ( Alice Cooper) e la canzone dedicata alla madre, Lisa. Fu l’anno che la consacrò come prima donna ad entrare nel Circus Rock Hall of Fame. Ma dopo un anno il suo matrimonio naufraga e lei si dedica all’uscita di Dangerous Curves. Nel 1994, lita incontra l’ex cantante dei Nitro Jim Glette con il quale dopo solo due settimane si  sposa. Sempre nello stesso anno esce Black, album influenzato dal nuovo set musicale dominato dal grunge e alternative rock. Nel 1997 nasce il primogenito della coppia. La neo mamma in quell’anno prende parte all’ album tributo per i Led Zeppelin suonando Whola Lotta Love e Rock & Roll. Nel 1998b vince un Gremmie e due anni dopo esce un Greatest Hits Live. Dopo la nascita del secondo figlio Lita lascia le scene per ritornare nel 2004 e partecipare all’album  A Twisted Christmas dei Twisted Sister. A distanza di sedici anni dal suo ultimo lavoro, Lita incide Wicked Wonderland. Prima di salutarci e ricordarvi li prossimo appuntamento con la rivista lasciate che vi guidi all’ascolto di una grande artista attraverso brani come Kiss me Deadly , Close my eyes forever, Black widow, Play with fire. E rammentate sempre, Rock'n'roll baby!


martedì 16 aprile 2013

Le Runaways. Aspettando Lita


Scrivendo questo articolo mi sono trovata davanti ad un bivio. Mi sono chiesta se  la protagonista di questo articolo dovesse essere una famosa bassista o se era il caso di approfondire l’argomento Runaways , così ho votato per quest’ultimo. Era l’estate del 1975 quando una giovanissima Joan Jett propone all’amica Kari Krome di trovare altre ragazze per dar vita ad una band. Kari le presenta Kim Flowley che sarà il loro futuro manager. Nel giro di un mese il gruppo aveva acquistato Miki Steele e Lita Ford. Superati i primi problemi che portano Lita ad allontanarsi dal gruppo, e il suo successivo ritorno, nel 1976 la line up subisce un nuovo cambiamento. Stelle viene sostituita da Cherie Curry e le Runaways vengono scritturate dalla Mercury Record per incidere il loro primo LP. Finito con le registrazioni partono per un tour americano. Ma la cattiva fama del manager, ritenuto uno sfruttatore e manipolatore non favorì certo la scalata al successo anche perché le tematiche delle canzoni (sesso, droga e rock) poco si confacevano all’immagine americana di quattro adolescenti. L’anno seguente esce il secondo lavoro, Queens of noise che si piazza nelle classifiche qualche gradino più su rispetto al precedente. Ma lo stile Runaways fatica a decollare in patria, al contrario di ciò che accadeva in Giappone dove, i lori concerti fecero il tutto esaurito. Ma a causa della cattiva gestione del manager e di incomprensioni tra le ragazze i rapporti si fecero sempre più tesi e nel bel mezzo del tour asiatico la Fox lasciò il gruppo e Joan Jett fu costretta a passare al basso. Una volta tornati a L.A (luglio 1977) anche Cerrie Curry annunciò la sua uscita. La terza fatica, vede la luce alla fine del 1977 ma fu un altro insuccesso commerciale, e la Fowley lasciò l’incarico. Nuovamente il fardello di un gruppo allo sfacelo ricadde su Joan Jett, la quale non fu in grado di fondere  armoniosamente le proprie radici punk e glam rock con quelle più heavy metal delle sue compagne. Nel tardo ‘78 venne pubblicato And Now…The Runways, una raccolta di inediti che vide anche alla voce Lita Ford e Sandy West, ma quando il prodotto si spostò sul territorio statunitense venne re intitolato Little Lost Girl. A poco a poco sia la bassista che la leader lasciarono il gruppo. La band non riuscì a sopravvivere a lungo e in breve si sciolse definitivamente. Era la fine del 1979. Lo stile delle artisti di cui ho parlato fin'ora, fatta eccezione per la Beaz, si muove in un periodo di transizione tra sonorità grezze e poco definite tipicamente punk e suoni più decisi con riff più puliti distintivi del nuovo genere, l'Heavy Metal. Sebbene le Runaways si siano bruciate in termini di tre album, di certo concorderete con me non possiamo parlare d meteore, se tutt'ora ce ne ricordiamo.  Prima di concludere questo ennesimo viaggio all'interno del rock al femminile vorrei portarvi nell'atmosfere di quegli anni consigliando l'ascolto di brani come Cherry Boom, Righ Now, Secrets and Dead and Justice.  E sulle note di quest’ultimo pezzo, Rock’n’Roll!.

http://www.youtube.com/watch?v=cBDMthZ0c80

Joan e Bob. Diamonds and rust

Chiedo scusa per la mia lunga assenza, spero non capiterà più. riprendiamo quindi con un articolo uscito a San Valentino. Come sempre buona lettura.


Se  credevate che questa rubrica fosse dedicata solo a gruppi interamente femminili, vi sbagliavate. È diretta al vasto firmamento delle donne del rock per cui, questo nuovo appuntamento sarà dedicato esclusivamente ad una cantante anche se, con una lieve eccezione. Ebbene si, anche il cuore duro di una rockettara come me, si lascia scalfire dall’atmosfera romantica e dagli strascichi di un S. Valentino di poco alle nostre spalle. Detto ciò, preparatevi a immergervi nel clima che si respirava fra la fine degli anni ‘60 e gli inizi degli anni ‘70. Ma torniamo in dietro e partiamo dalle origini a raccontare la storia di una delle più grande donna nello scenario del rock. Una donna con la “d” maiuscola che delle sue idee fece crociate a favore dei diritti umani. Nata a New York nel 1941, Joan Baez passa l’ infanzia in giro per il mondo. Si appassiona alla musica dopo che un amico di famiglia le regalò un ukulele. A otto anni ascoltando un musicista folk, un certo Pete Seeger, rimane folgorata e si innamora di questo genere, tanto da impararne tutto il repertorio. Nei tardi anni ‘50 si trasferisce a Boston, centro in quegli anni della scena musicale folk e inizia ad esibirsi nei locali della zona. Ma la vera carriera artistica decolla nel 1959 quando pubblica per una grossa casa discografica l’album di debutto, Joan Baez. Seguì il secondo lavoro che le valse il disco d’oro. In quegli anni la Beaz emerge come esponente del root-folk statunitense ed inizia a presentare nei concerti un cantante allora non molto famoso al quale si legherà per tre anni. Proprio alla loro storia d’amore è dedicato l’articolo di oggi. Quest’amore, musa di alcune sue canzoni, come lei stessa affermò, la legò niente di meno  che a Bob Dylan. Si incontrarono per la prima volta nel 1961 quando già lei era qualcuno, e in un primo momento, come nelle migliori favole, lei rimase indifferente e, quando lui mostrò per la sorella minore di Joan, ella si sentì molto infastidita da quel rude campagnolo. Fu la canzone Song to Woody che le fece cambiare idea e che la spinse a rivalutarlo. Nel 1963 quando il loro legame iniziava a saldarsi Joan lo invitò a cantare insieme a lei una canzone scritta da lui stesso, With God Our Side. Consuetudine questa che la Baez mantenne in ogni tour. Ma poi le cose cambiarono, innumerevoli incomprensioni raffreddarono il rapporto e i due si lasciarono. Dopo un periodo iniziale di separazione, anche lavorativa, Joan e Bob partirono per un tour insieme. Dai sentimenti della Baez per Bob Dylan nasce una delle canzoni d’amore più coinvolgente degli ultimi trentacinque anni. Coverizzata da molti gruppi tra cui i Judas Prist e i Blackmoore’s night,  Diamonds and rust resta una delle più belle e profonde dichiarazione di sentimenti. Su questa meravigliosa donna ci sarebbe da versare infinito inchiostro perché lei così poliedrica ha spaziato tra il folk, sua prima passione, il pop, il County, il rock. È una attivista instancabile che ha lottato e che lotta ancora per un mondo migliore. Nella sua voce si possono tuttora  rintracciare le atmosfere della fine degli anni 60. In lei è racchiuso il senso di protesta pacifica e tenacia, quando incinta e con il marito in carcere perché si era rifiutato di partire per la guerra del Vietnam, salì sul placo di uno dei concerti più importanti e famosi degli ultimi decenni e incantò tutti con quella voce angelica, carica di colori e sfumature che le valse il soprannome di Usignolo di Woodstock. Dinnanzi a tanto impegno non mi resta che allungare le gambe sulla scrivania, incrociare le braccia dietro la testa e, accennando un sorriso sussurrare, come se stessi parlando con lei, Rock’n’Roll, baby.