E cosi vorresti fare lo scrittore?
"Se non ti esplode dentro
a dispetto di tutto,
non farlo.
a meno che non ti venga dritto dal cuore
e dalla mente e dalla bocca
e dalle viscere,
non farlo..."

C.Bukowski

mercoledì 4 dicembre 2013

Joan Jett. L'Araba Fenicia delle Runaways

L’altra mattina, seduta alla scrivania, stavo davanti una tazza di caffè cercando di trovare la giusta ispirazione per scegliere la protagonista di questa nuova tappa nel tour all'interno del rock targato donna e, penso di avere trovato un tipo davvero  niente male. Se dicessi “I love rock‘n’roll”, oltre all' artista originale del pezzo, a chi pensereste? E non osate dire a Britney Spears. Se non avete ancora intuito, oggi parleremo di un'altra ex Runaways. Oltre a Lita Ford, anche Joan Jett si lanciò nella carriera da solista. Nata nei sobborghi di Philadelphia, Joan a 12 anni si trasferisce a Los Angeles dove fonda il suo primo gruppo interamente femminile. Erano gli albori delle Runaways, ma prematuramente il progetto fallì e lei si mosse verso NY per continuare il suo sogno nella musica. Nel 1980 pubblica il primo album da solista dal titolo omonimo senza però, suscitare inizialmente l’interesse di alcuna etichetta. Le vendite andarono bene, forse proprio perché la Jett mantenne le sonorità ribelli di un rock misto al glam e al punk pur pubblicando un lavoro interamente di cover. Questo fece si che, la Boardwalk Records si accorse di lei e le fece ripubblicare l’album sotto il nome di Bed Reputation. Decide allora di metter su una vera band chiamandola The Blackhearts. Nel 1981,  pubblicano l’album I Love Rock ‘N’ Roll con il quale entrano nella top ten statunitense. L’album conteneva la cover del pezzo originale degli Arrows del ‘75 da cui prende il titolo l’album, e la cover di Crimison Clover degli Shondells. Il terzo lavoro si chiama semplicemente Album, ottenne il disco d’oro e risale al 1983. L’anno seguente, venne pubblicato Glorious Results Of A Mispent Youth, che conteneva la cover di Cherry Bomb delle Ranaways. Nel 1985 pubblica il quinto album Good Music che vanta la collaborazione di diversi artisti famosi, tra i quali i Beach Boys. Contemporaneamente, si prestò al mondo del cinema, ottenendo un ruolo in The Light of Day (La luce del giorno) con Michael J.Fox. Arriviamo alla fine degli anni ‘80 e la Jett pubblica Up your Alley. Gli anni ‘90 si aprono con la pubblicazione di un album di cover, The Hit List e successivamente esce Notorious. Intanto nel mondo musicale, esplode il filone grunge e un’artista come la Jett non può non subirne influenze. Nasce così Pure and Simple che riceve ottime critiche. Nel ‘95 forma la band Evil Sting con cui pubblica l’album omonimo. Agli inizi del 2000 partecipa alla reunion delle Runaway e pochi anni dopo pubblica Naked che, nel 2006 viene aggiornato e ribattezzato Sinner. Dalla fine degli anni ‘70 e per tutti gli anni ‘80 la musica ha sfornato grandi artiste. Donne, ma in primis musiciste dai grandi talenti che, hanno saputo lasciare il segno. Joan Jett lo ha fatto prima come Runaways e poi come solista, regalandoci brani quali Bed Reputation, I Hate myself for loving you, Do you Wanna touch me e la più recente A.C.D.C.  E, parafrasando il ritornello della sua più celeberrima cover vi saluto, I love Rock’n’Roll, baby!


venerdì 22 novembre 2013

Si riparte dalla Svezia. La voce potente degli Arch Enemy

Cari lettori e amici, so di essere tornata in ritardo e di avervi promesso articoli che non sono mai stati pubblicati ma il tempo è stato tiranno e mi sono persa tra concretezza e responsabilità, e chi mi conosce sa quanto odi essere concreta. Senza perderci in vane chiacchiere, annuncio con piacere il ritorno della rubrica dedicata alle donne del rock. vi  lascio al pezzo che aprirà il nuovo anno. Enjoy!







Ben trovati e tornati, anche  per quest’anno  tornerà a farvi compagnia la rubrica musicale dedicata alle donne del rock e inizieremo con il botto.Dopo aver chiuso con un omaggio dovuto, alle donne del rock per eccellenza (Patti Smith e Janis Joplin), apriamo questa nuova stagione dalla mia amata Scandinavia e per la precisione dalla Svezia. La band di cui ci occuperemo oggi, nasce come formazione interamente maschile e sorge dalle ceneri dei Carcass, ma nell'evoluzione il gruppo sceglierà di affiancare alle loro sonorità melodic death metal la voce della fascinosa Angela Gossow, definita da molti degna rivale dei suoi colleghi maschi. Come accadde per molte band, (es:AC/DC, Tarot) gli Arch Enemy vennero fondati  dai fratelli Amott alle chitarre, alla voce Johan Liiva e alla batteria Daniel Erlandsson. Insieme lavorano su tre album. Il primo è Black Earth (1996) che ricevette grandi consensi in Europa e Giappone. Il gruppo cambiò etichetta e pubblicò Stigma (1998) che vede l’aggiunta di altri due componenti alla line-up originale. Nel 1999 viene pubblicato Burning Bridges album nel quale esordisce il bassista Shearlee D’Angelo che porta una sonorità più potente e fresca. Questo lavoro vede la fine della collaborazione con il cantante originale e gli Arch Enemy partono alla ricerca di un nuovo vocalist più attivo e dinamico di quello precedente. Lo trovano nella voce dirompente della giornalista e cantante tedesca Angela Gossow. Il primo lavoro che vede il cambio incisivo è Wages of Sin del 2001, segue poi due anni dopo, Anthems of Rebellion con una introduzione del tutto nuova per il gruppo: l’utilizzo di doppie voci. Nel 2005 esce Doomsday Machine e Christopher Amott lascia la band. L’album si classifica al secondo posto al 2005 Metal Storm Awards nella categoria The Best Melodeath Album. Bisogna aspettare due anni, prima della pubblicazione di un nuovo lavoro intitolato Rise of Tyran seguito sempre a due anni di distanza da The Root of Evil (2007) e Khaos Legions (2011). Nuovamente nel 2012 il chitarrista Christopher Amott (che nel frattempo era ritornato) lascia la band. Angela Gossow aveva precedentemente militato in gruppi come Asmondina e Mistress ed è, proprio grazie ad un demo di quest’ultimo, lasciato durante una sua intervista agli Arch Enemy che la bella giornalista di musica si fa conoscere per le sue sorprendenti doti canore. Quando Liiva lasciò il gruppo fu Christopher Amott a contattarla per un’ audizione ma chiaramente, davanti al suo talento non poterono che offrirle il posto. Prima di salutarci la consuetudine vuole che vi suggerisca alcuni brani. Per chi non li conoscesse vi invito a scoprirli ascoltando brani come Dark Insanity, Burn me an Angel, Silverwing, My Apocalipse, Nemesis, Through the eyes of  Raven e Turn to Dust.  Al grido di Rock’n’roll baby, diamo inizio ufficiale al secondo anno dedicato alle donne del rock


martedì 6 agosto 2013

Patti e Janis, le sacerdotesse del rock

Ebbene Rock is Woman va ufficialmente in vacanza e non so se a Settembre ritornerà ma intanto, dopo ferragosto, è in progetto una serie di articoli dedicati al mondo del rock che offrirà il mio personale punto di vista e che, vedrà protagonisti non solo i miei artisti preferiti ma anche...chi avrà pazienza di aspettare e di seguirmi lo scoprirà. Ma adesso basta chiacchiere vi lascio all'articolo e come sempre vi auguro una buona lettura.

Siamo arrivati all'ultimo appuntamento con la rubrica dedicata al lato femminile del rock. Molte volte quando si uniscono i due termini le prime artiste che vengono in mente sono Janis Joplin e Patty Smith. Per molti sarebbe stato più logico iniziare da loro, per me troppo scontato e banale. Cosa mai potrei dire io che altri non abbiano detto su di loro? Solo appunti personali su due donne di grande personalità la prima, bruciata troppo in fretta a soli 27 anni ma che ha lasciato un segno indelebile  nella storia della musica; la seconda invece, donna di forte temperamento, ha saputo rapire il cuore di molti con la sua voce passionale. Janis Joplin inizia la carriera nel 1966-7 a San Francisco come vocalist dei Big Brother con i quali incide due album prima di dedicarsi alla carriera da solista che, ha avvio nel 1969. Prima di morire (4 ottobre 1970) Janis registra l’album I Got Dem Ol' Kozmic Blues Again Mama! (1969) e l'album postumo dal titolo Pearl. Il suo perfezionismo musicale la portò ad avere contrasti con i musicisti con cui lavorò tantoché per le registrazioni dei pezzi di Pearl cambiò band. Quelli in cui lei visse, furono gli anni degli hippy e della filosofia Peace&Love che lei sposò pienamente, che la porterà ad esibirsi in favore della pace sul palco di Woodstock e, a sostenere la lotta per l'uguaglianza tra bianchi e neri. Come molti  manifestanti   venne arrestata (1967) e schedata ma, quando finì davanti al giudice ogni capo d'accusa (linguaggio sconcio e disturbo della quiete pubblica) cadde.
 Sulla morte della Joplin si sono dette molte cose. Resta, insieme alle morti di altri artisti che come lei scomparvero a 27 anni, ancora avvolta da un alone di mistero. Ufficialmente dissero che morì per overdose da eroina. A proposito di Patricia Lee Smith, ho avuto la fortuna di vedere un suo concerto e, devo dire che è stato un tuffo al cuore, un mix di emozioni e forte energia, che si poteva sentire nell'aria così carica da avvolgere tutta la folla. Con lei mi sento in imbarazzo perché, non credo ci sia un pezzo migliore dell’altro, ci sono brani che a pelle ti infiammano più di altri, quello si, e per me lo sono Gloria (Horses 1975), Because the night (Easter 1978) e People have the power (Dream of life, 1988). Ho apprezzato anche la presenza sul palco dell’ Ariston, insieme ai Marlene Kuntz,  per una interpretazione toccante di una bellissima canzone della PFM.  Soprannominata la sacerdotessa del rock muove i suoi primi e timidi passi nel modo della musica a ventotto anni. Tra il 1974 e il 1988 incide 5 album uno di questi, Wave, dedicato alle scomparsa del papa Giovanni Paolo I. Negli anni oltre alla musica, come abbiamo visto anche per molte altre artiste, la Smith si appassiona alla poesia raccogliendo le sue opere in alcuni volumi come Seventh Heven (1972), Babel (1980), oppure il più recente Just Kids(2010).  Siamo agli sgoccioli ma prima di salutarci, vorrei rifarmi alle parole di una delle canzoni più famose di Janis Joplin, Cry Baby, per  dirvi cari studenti di  tener duro, la sessione estiva sta per iniziare e ora più che mai Rock’n’Roll, baby.

http://www.youtube.com/watch?v=WSVd8szH7Qk

mercoledì 10 luglio 2013

AAA cercasi chitarrista. Courtney Love tra dolore e ribalta

Leggenda narra che Courtney Love mise un annuncio per una band femminile ma, il primo che rispose fu quello che poi divenne il co-fondatore, il chitarrista Eric Erlandson. Nasce così il progetto The Hole. La prima line up vedeva alla batteria Patty Schemel e Melissa Auf der Maur al basso in sostituzione di Kriste Pfaff morta, si vocifera, inseguito ad una overdose.
Il primo album esce sotto la Caroline Records e si intitola Pretty on the inside. Le ottime critiche ricevute dal mondo musicale underground valgono al gruppo l’opportunità di firmare per la Geffen Records un contratto per otto dischi. Nel ‘93 hanno inizio le registrazioni dell’album di debutto Live Though this che esce poco dopo la morte di Kurt Cobain, marito di Courtney Love. A tre anni di distanza le Hole (concedetemi l’uso del femminile) pubblicano un b-side My body the Hand Grenade (1997) che per i fan è un vero e proprio gioiello, perché contiene una serie di brani tra cui, uno in cui Cobain suona il basso. E’ una vera e propria antologia della storia del gruppo incisa tra live e inediti. All’uscita del terzo album, Celebrity Skin (1998), segue una profonda crisi che porta il gruppo a sciogliersi. Nel disco sono contenuti diversi brani carichi del risentimento della Love per la morte del marito. Inoltre, nel pezzo Northen Star si parla del fantasma di Cobain.
Nel 2002 i membri della band decidono di seguire strade diverse. Dieci anni circa di silenzio sono il tempo in cui, il progetto giace sotto la cenere ancora calda, pronta ad infiammarsi di nuovo nel 2010 con l’uscita di Nobody’s Daughter che vede una line up completamente stravolta. Dalle Hole ciò che viene fuori, più che una esibizioni di tecnica è il loro bisogno di denuncia, il vomitare addosso ad una società egoista tutto il malessere di una generazione, andando contro anche allo star system che sembrava averli inghiottiti. Memorabili quindi sono pezzi come Starbelly (basata sul riff principale di Cinnamon Girl di Neil Young), Celebrety skin, Malibu, Violet, He hit me, e i più recenti Loser Dust e Honey.
Indubbiamente la tragedia della morte di Kurt Cobain è stato un duro colpo che ha portatola Love ad essere paragonata alla vedova di John Lennon entrambe, oltre la fine prematura del proprio compagno, sono accomunate da una forza interiore che contraddistingue le più tenaci lottatrici. Avvicinandoci inevitabilmente alla fine di questa rubrica, non mi resta che sottolineare, il rock non è solo musica, ma uno stile di vita per cui...Rock’n’Roll baby.
http://www.youtube.com/watch?v=cH_rfGBwamc

lunedì 27 maggio 2013

Un giro nel rock made in Italy

Ben trovati, l’articolo che vado a proporvi oggi sarà particolare, non parlerà solo di una donna ma bensì passeremo di decenni in decenni tracciando un quadro storico della musica. Ad un mese dal 25 Aprile, penso sia giusto, in onore di quello spirito patriottico che alberga in me, soffermarci a ciò che accadde in Italia a partire dagli inizi degli anni 80. Addentriamoci in quello che è il B-side oserei dire di color rosa, della musica italiana. Nel 1979 in Italia nasceva un gruppo di giovanissime adolescenti attorno al centro sociale di Santa Maria di Milano. Prima ondata punk, femminile per giunta, che colpisce il nostro paese. Discutibile per qualità dei pezzi è, comunque degno di nota il tentativo di portare nella nostra penisola il movimento punk inglese. Non tutti sanno che questo gruppo, le Candeggine Gang, erano capitanate da una brunetta neanche ventenne di nome Giovanna Colletti o, come la conosciamo tutti oggi,  Jo Squillo. Di queste ragazze restano solo due singoli Sono Cattiva e Orrore, entrambi inseriti rispettivamente in una raccolta dal titolo Killed By Death#201-D’Italia per l’etichetta tedesca Redrum Record e nella raccolta dal titolo L’antologia New Wave (Punk E Post-Punk,1977-1980). Arriviamo alla fine degli anni novanta per scorgere sulla scena italiana i primi gruppi di stampo Metal con presenza femminile. Risalgono infatti al 1997 i Mandragora Scream gruppo milanese con all’attivo 5 album. Sempre specializzati nel genere Gothic sono anche i Love Crave, band certamente più recente ma, con grandi numeri da giocare specie quelli chiusi nella voce della cantante Francesca Chiara la quale, a 17 anni si trasferisce a San Francisco per studiare canto e chitarra iniziando a esibirsi con le band locali. Tornata in Italia fonda prima i Mystery una band hard rock e nel 2006 si specializza nel Gothic Metal. Più famosi anche per i  non addetti ai lavori, troviamo Cristina Scabbia con i Lacuna Coil. Di certo  una cantante rilevante, dalle doti canori meritevoli di lode tanto da esser chiamata per dare voce ad uno dei pezzi degli Apocalyptica. Sto parlando del brano S.O.S (Anythingh but Love). Ultima donna che voglio citare è la cantante degli Exilia, Masha Mysmane. Gruppo Nu-Metal milanese formatosi nel lontano 1998 acquisisce fama solo nel 2000 con il secondo album Rightside Up. La musica degli Exilia miscela riff aggressivi e batteria martellante con bassi nitidi e testi potenti resi impeccabili dalla voce graffiante di Masha. Memorabile è la cover di In the Air Tonight (Phill Collins). Proseguendo nel firmamento italiano oltre le solite stelle del rock più classic ( Carmen Consoli, Cristina Donà) vorrei anche ricordare due gruppi interamente femminili, le calabresi Le Rivoltelle con due lavori alle spalle e, λa Menade gruppo romano nato nel 2000. Queste sono solo alcuni esempi di donne del rock all’ italiana che cantino in italiano o in inglese poco conta, l’importante è che anche da noi il rock è vivo. Chiudo con una citazione... Siamo donne oltre le gambe c'è di più....Rock’n’roll baby! 

lunedì 6 maggio 2013

Melissa Auf Der Maur. La rossa del rock

L'articolo che seguirà è dedicato ad una bellissima donna, artista eclettica impegnata su molti versanti artistici.    Anticipo che il suo primo lavoro mi piacque molto ma stando alle critiche il recente lavoro da solista lascia a desiderare. Penso che dedicare questo articolo ad una bassista sia meno scontato di parlare di una cantante o di una chitarrista.  Come sempre invito i miei lettori alla clemenza.



Chiuso capitolo Lita Ford e Runaways, oggi vorrei farvi conoscere una artista particolare, oltre ad essere una musiciste è anche una fotografa. Ma partiamo dall'inizio  Nata il 17 Marzo del 1972 a Montreal, da padre di origini svizzere e madre canadese, Melissa Auf der Maur nel 1993 conosce Billy Corgan leader degli Smashing Pumpkins in occasione del loro concerto, aperto  proprio dal band di Melissa, Tinker. Proprio lui sarà a raccomandarla alle Hole, rimaste senza bassista nel 1994 inseguito la morte di Kriste Pfaff. Dopo le prime titubanze, Melissa accetta l’ingaggio e registra con loro Celebrety Skin. È il 2000 quando Billy Corgan  le chiede di sostituire la loro bassista, D’arcy Wretzky successivamente al suo abbandono. Purtroppo non incide con loro nessun album ma suona nei tour  Resume the Pose e Sacred and Profane. Ma il loro sodalizio dura veramente poco, perché alla fine del 2000 gli Smashing Pumpkins si sciolgono. Prima di dedicarsi al suo progetto solista che esce nel 2004 , la Auf der Maur  si mette alla prova con alcune collaborazioni. Nel 2002 si propone nelle vesti di cantante con un cover band dei Black Sabbath, chiamata Hand of Doom con i quali si esibisce diverse volte, realizzando anche un album live. Nello stesso anno insieme a  Samantha Maloney (batterista delle Hole), Paz Lenchantin (bassiste degli A perfect Circle) mettono su un gruppo The Chelsea, che prende il nome dall’ Hotel Chealsea a N.Y,  dove la Auf Maur trascorse molti anni. Insieme propongono oltre una scaletta di cover anche una serie di brani inediti. Courtney Love le chiama per aprire i concerti del primo tour da solista che promuoveva l’album America Sweetheart. Le Chelsea si dividono e solo la Maloney e  Radio Sloan restano nella line-up originale e  diventano così le The Courtney Love Band.
Arriviamo all’uscita del primo lavoro da solista  di MAdM dal titolo omonimo. Era il 2 febbraio del 2004. Realizzato in due anni e tra studi di registrazione canadesi e degli States, l’album contiene brani scritti in un periodo lungo dieci anni durante il quale, Melissa suona  sia con le Hole che con gli Smashing Pumpkins. In questo lavoro la  Auf der Maur fa sfilare tutta una serie di grandi nomi avvalendosi dei loro contributi. Tra di loro compaiono Josh Homme, Mark Lanegan, Jeordie White and John Stanier. L’album presenta una Melissa più sperimentale che si mette alla prova con un sound progressivo.  Fu di certo un successo commerciale e ricevette diverse  critiche positive. Alla messa in commercio dell’album, seguì un intenso tour che la porta in giro per tutta l’Europa.
L’uscita dell’album viene anticipato da singoli come Followed the Waves e Real a Lie, che secondo il mio modesto parere sono esemplificative dell’intero lavoro. In questo album Melissa non solo mostra le sue note doti come bassista ma si rimette alla  prova come cantante, senza deludere il pubblico. Nel 2010 esce Out of our Minds. Attualmente Melissa non ha lasciato il terreno dell’arte ma è semplicemente migrata verso campi diversi diventando modella per Calvin Klein. Che altro dire di un’artista così eclettica.  Non mi resta che salutarvi e gridare Rock’n’roll baby.

venerdì 26 aprile 2013

Play with Fire. Lita Ford


Donna di indubbio fascino e signora indiscussa del rock, la protagonista dell’articolo di oggi è Carmelita Rosanna Ford in arte Lita Ford. Nata nei pressi di Londra nel 1958 si trasferì presto in California. Qui scoprì l’amore per la musica, specie dopo che a 11 anni le regalarono una chitarra classica. La passione per la musica venne incoraggiata dai genitori (un militare britannico e una donna italiana). A 13 anni assiste ad un concerto dei Black Sabbath, grazie ai quali scopre e si appassiona all’Heavy Metal. Continuò a suonare la chitarra sulle orme dei suoi idoli, Black Sabbath,  Deep Purple e Jimmy Hendrix mentre lavorando come infermiera, riesce a mettere da parte dei soldi con i quali compra un Gibson SG, proprio come quella di Tony Iommi. Nel 1975 la giovane Lita dopo aver letto un annuncio sul giornale si presenta alle audizioni per una band al femminile. Il provino va meglio del previsto e Lita entra a far parte delle Runaways come bassista. Ma ben presto rivela la sua natura da chitarra solista e  il produttore le offre immediatamente questo ruolo. Ma il sodalizio dura pochi giorni e Lita lascia il gruppo per contrasti con  il manager Kim Fowley. L’insistenza delle altre la richiama nel gruppo. Lita porterà una ventata Haevy Metal alle sonorità del gruppo. Con le Runaways incide tre album The Runaways (1976), Queens of Noise (1977) e Waiting for the Night (1977).  Il  poco successo riscosso portò presto le ragazze a separarsi e nel 1979 si sciolsero definitivamente. Accantonato il progetto Runaways Lita tira su un altro gruppo insieme alla batterista Sandy West destinato a morire. Sconfortata Lita accantona la carriera musicale fino a quando non incontra Eddy Van Hallen il quale le suggerisce di non sprecare il talento che ha. Inizia a prendere lezioni di canto. Inoltre a quel tempo conviveva con Nikki Six( Mötley Crüe) e firma un contratto da solista con la Mercury Records. Esce il primo lavoro Out for Blood, dalle sonorità chiaramente Haevy Metal, ma a  causa della scarsa pubblicità l’album non ottiene grande successo. Apportando dei cambiamenti, l’anno seguente viene pubblicato Dancin’on the edge che presenta atmosfere più leggere e la presenza del sintetizzatore. Il terzo lavoro di Lita vede la luce sotto l’etichetta RCA Records, e sotto la direzione di un nuovo manager Shanon Osbourne moglie di Ozzy Osburne la quale suggerisce di inserire nel l’album collaborazioni con nomi importanti. Così escono  fuori pezzi che hanno fatto storia,  come la ballad If I close my eyes forever cantata in coppia con Ozzy. Grazie al successo ottenuto lita va in tour intorno l’ Europa con i Poison e i Bon Jovi.  Era il 1989. Gli anni novanta si aprono con il matrimoni di Lita e Chris Holmes(W.A.S.P) e la pubblicazione di Stiletto album che contiene una reinterpretazione di  Only Woman bleed ( Alice Cooper) e la canzone dedicata alla madre, Lisa. Fu l’anno che la consacrò come prima donna ad entrare nel Circus Rock Hall of Fame. Ma dopo un anno il suo matrimonio naufraga e lei si dedica all’uscita di Dangerous Curves. Nel 1994, lita incontra l’ex cantante dei Nitro Jim Glette con il quale dopo solo due settimane si  sposa. Sempre nello stesso anno esce Black, album influenzato dal nuovo set musicale dominato dal grunge e alternative rock. Nel 1997 nasce il primogenito della coppia. La neo mamma in quell’anno prende parte all’ album tributo per i Led Zeppelin suonando Whola Lotta Love e Rock & Roll. Nel 1998b vince un Gremmie e due anni dopo esce un Greatest Hits Live. Dopo la nascita del secondo figlio Lita lascia le scene per ritornare nel 2004 e partecipare all’album  A Twisted Christmas dei Twisted Sister. A distanza di sedici anni dal suo ultimo lavoro, Lita incide Wicked Wonderland. Prima di salutarci e ricordarvi li prossimo appuntamento con la rivista lasciate che vi guidi all’ascolto di una grande artista attraverso brani come Kiss me Deadly , Close my eyes forever, Black widow, Play with fire. E rammentate sempre, Rock'n'roll baby!


martedì 16 aprile 2013

Le Runaways. Aspettando Lita


Scrivendo questo articolo mi sono trovata davanti ad un bivio. Mi sono chiesta se  la protagonista di questo articolo dovesse essere una famosa bassista o se era il caso di approfondire l’argomento Runaways , così ho votato per quest’ultimo. Era l’estate del 1975 quando una giovanissima Joan Jett propone all’amica Kari Krome di trovare altre ragazze per dar vita ad una band. Kari le presenta Kim Flowley che sarà il loro futuro manager. Nel giro di un mese il gruppo aveva acquistato Miki Steele e Lita Ford. Superati i primi problemi che portano Lita ad allontanarsi dal gruppo, e il suo successivo ritorno, nel 1976 la line up subisce un nuovo cambiamento. Stelle viene sostituita da Cherie Curry e le Runaways vengono scritturate dalla Mercury Record per incidere il loro primo LP. Finito con le registrazioni partono per un tour americano. Ma la cattiva fama del manager, ritenuto uno sfruttatore e manipolatore non favorì certo la scalata al successo anche perché le tematiche delle canzoni (sesso, droga e rock) poco si confacevano all’immagine americana di quattro adolescenti. L’anno seguente esce il secondo lavoro, Queens of noise che si piazza nelle classifiche qualche gradino più su rispetto al precedente. Ma lo stile Runaways fatica a decollare in patria, al contrario di ciò che accadeva in Giappone dove, i lori concerti fecero il tutto esaurito. Ma a causa della cattiva gestione del manager e di incomprensioni tra le ragazze i rapporti si fecero sempre più tesi e nel bel mezzo del tour asiatico la Fox lasciò il gruppo e Joan Jett fu costretta a passare al basso. Una volta tornati a L.A (luglio 1977) anche Cerrie Curry annunciò la sua uscita. La terza fatica, vede la luce alla fine del 1977 ma fu un altro insuccesso commerciale, e la Fowley lasciò l’incarico. Nuovamente il fardello di un gruppo allo sfacelo ricadde su Joan Jett, la quale non fu in grado di fondere  armoniosamente le proprie radici punk e glam rock con quelle più heavy metal delle sue compagne. Nel tardo ‘78 venne pubblicato And Now…The Runways, una raccolta di inediti che vide anche alla voce Lita Ford e Sandy West, ma quando il prodotto si spostò sul territorio statunitense venne re intitolato Little Lost Girl. A poco a poco sia la bassista che la leader lasciarono il gruppo. La band non riuscì a sopravvivere a lungo e in breve si sciolse definitivamente. Era la fine del 1979. Lo stile delle artisti di cui ho parlato fin'ora, fatta eccezione per la Beaz, si muove in un periodo di transizione tra sonorità grezze e poco definite tipicamente punk e suoni più decisi con riff più puliti distintivi del nuovo genere, l'Heavy Metal. Sebbene le Runaways si siano bruciate in termini di tre album, di certo concorderete con me non possiamo parlare d meteore, se tutt'ora ce ne ricordiamo.  Prima di concludere questo ennesimo viaggio all'interno del rock al femminile vorrei portarvi nell'atmosfere di quegli anni consigliando l'ascolto di brani come Cherry Boom, Righ Now, Secrets and Dead and Justice.  E sulle note di quest’ultimo pezzo, Rock’n’Roll!.

http://www.youtube.com/watch?v=cBDMthZ0c80

Joan e Bob. Diamonds and rust

Chiedo scusa per la mia lunga assenza, spero non capiterà più. riprendiamo quindi con un articolo uscito a San Valentino. Come sempre buona lettura.


Se  credevate che questa rubrica fosse dedicata solo a gruppi interamente femminili, vi sbagliavate. È diretta al vasto firmamento delle donne del rock per cui, questo nuovo appuntamento sarà dedicato esclusivamente ad una cantante anche se, con una lieve eccezione. Ebbene si, anche il cuore duro di una rockettara come me, si lascia scalfire dall’atmosfera romantica e dagli strascichi di un S. Valentino di poco alle nostre spalle. Detto ciò, preparatevi a immergervi nel clima che si respirava fra la fine degli anni ‘60 e gli inizi degli anni ‘70. Ma torniamo in dietro e partiamo dalle origini a raccontare la storia di una delle più grande donna nello scenario del rock. Una donna con la “d” maiuscola che delle sue idee fece crociate a favore dei diritti umani. Nata a New York nel 1941, Joan Baez passa l’ infanzia in giro per il mondo. Si appassiona alla musica dopo che un amico di famiglia le regalò un ukulele. A otto anni ascoltando un musicista folk, un certo Pete Seeger, rimane folgorata e si innamora di questo genere, tanto da impararne tutto il repertorio. Nei tardi anni ‘50 si trasferisce a Boston, centro in quegli anni della scena musicale folk e inizia ad esibirsi nei locali della zona. Ma la vera carriera artistica decolla nel 1959 quando pubblica per una grossa casa discografica l’album di debutto, Joan Baez. Seguì il secondo lavoro che le valse il disco d’oro. In quegli anni la Beaz emerge come esponente del root-folk statunitense ed inizia a presentare nei concerti un cantante allora non molto famoso al quale si legherà per tre anni. Proprio alla loro storia d’amore è dedicato l’articolo di oggi. Quest’amore, musa di alcune sue canzoni, come lei stessa affermò, la legò niente di meno  che a Bob Dylan. Si incontrarono per la prima volta nel 1961 quando già lei era qualcuno, e in un primo momento, come nelle migliori favole, lei rimase indifferente e, quando lui mostrò per la sorella minore di Joan, ella si sentì molto infastidita da quel rude campagnolo. Fu la canzone Song to Woody che le fece cambiare idea e che la spinse a rivalutarlo. Nel 1963 quando il loro legame iniziava a saldarsi Joan lo invitò a cantare insieme a lei una canzone scritta da lui stesso, With God Our Side. Consuetudine questa che la Baez mantenne in ogni tour. Ma poi le cose cambiarono, innumerevoli incomprensioni raffreddarono il rapporto e i due si lasciarono. Dopo un periodo iniziale di separazione, anche lavorativa, Joan e Bob partirono per un tour insieme. Dai sentimenti della Baez per Bob Dylan nasce una delle canzoni d’amore più coinvolgente degli ultimi trentacinque anni. Coverizzata da molti gruppi tra cui i Judas Prist e i Blackmoore’s night,  Diamonds and rust resta una delle più belle e profonde dichiarazione di sentimenti. Su questa meravigliosa donna ci sarebbe da versare infinito inchiostro perché lei così poliedrica ha spaziato tra il folk, sua prima passione, il pop, il County, il rock. È una attivista instancabile che ha lottato e che lotta ancora per un mondo migliore. Nella sua voce si possono tuttora  rintracciare le atmosfere della fine degli anni 60. In lei è racchiuso il senso di protesta pacifica e tenacia, quando incinta e con il marito in carcere perché si era rifiutato di partire per la guerra del Vietnam, salì sul placo di uno dei concerti più importanti e famosi degli ultimi decenni e incantò tutti con quella voce angelica, carica di colori e sfumature che le valse il soprannome di Usignolo di Woodstock. Dinnanzi a tanto impegno non mi resta che allungare le gambe sulla scrivania, incrociare le braccia dietro la testa e, accennando un sorriso sussurrare, come se stessi parlando con lei, Rock’n’Roll, baby.



sabato 16 marzo 2013

Girlschool....Cattive ragazze tra i banchi di scuola


Questo secondo articolo è un salto temporale rispetto al precedente. La mia intenzione sarebbe quella di creare una linea temporale che dopo  un inizio con un gruppo contemporaneo ritorni agli albori del Rock al femminile. Buona lettura


Per questo secondo appuntamento restiamo ancora in Europa ma, ci spostiamo solo un po’ più verso ovest, nella terra del tea e della Regina. Nell'Inghilterra delle vaste praterie e patria di Ozzy Osbourne.  La band di cui oggi parleremo è un po’ datata e si fa spazio fra la scena punk e new wave inglese della fine degli anni '70. Signori e signore vi presento le Girlschool. In attivo da più di trent’anni queste “scolarette” del rock fanno la prima apparizione nel 1978. Bisogna risalire però a qualche anno prima, esattamente il 1975 quando, due giovani studentesse londinesi mettono su una cover band tutta al femminile chiamandola “Painted Lady”. Dopo aver suonato nei vari pub della zona e cambiato diverse formazioni, Kim McAuliffe (chitarra e voce) e Enid Williams (basso, chitarra e voce) reclutano prima Kelly Johnson e in seguito Denise Dufort, già nota per la sue performance con gli Skin Flicks e, nel 1978 cambiano il nome in Girlschool, nome che, deriva dal singolo dal b-side dell’album dei Wings, inciso nel 1977 e scritto da Paul McCartney. Sempre nel ‘78 incidono il primo singolo “Take it all away” per l’etichetta indipendente City Record e suscitano un tale interesse da riuscire a inserirsi come band di supporto degli Overkill. Era primavera del 1979.
La band vince il disco di bronzo e nel primavera dell’80 esce il loro primo lavoro “Demolition”, prodotto dal leggendario Vic Maile (legato ai più grandi nomi della musica, da The Who a Jimmy Hendrix, ai Led Zeppelin ai Mötorhead ecc..) e registrato presso i Jackson Studios.
Sono gli anni di maggior successo per le Girlschool . Vengono contattate per fare da supporto agli Uriah Heep in occasione del tour per il loro decimo anniversario nel 1980, per poi seguire in tour sia i Black Sabbath che i Mötorhead, tutto ciò accadeva tra maggio del ‘80 e febbraio dell’81.
Insieme ai quest’ ultimi danno vita ad un progetto, un EP chiamato St. Valentines Day Massacre, dove i due gruppi incidono tre tracce sotto l’unico nome di Headgirl. 
Al ritorno dal Giappone, nel 1982, Edin lascia il gruppo e viene sostituita da Gil Weston (proposta e raccomandata da Lemmy), già cantante del gruppo punk The Killjoyce. Con la nuova bassista incidono il terzo album “Screamin Blu murder” e negli Stati Uniti tornano per esibirsi con Iron Maiden e Scorpion per ripartire in tour con Deep purple, Rainbow e Blue Oyster Cult. Finalmente nel 1983 ritornano in studio per incidere il loro quarto lavoro, “Play Dirty” e l’anno seguente Kelly decide di prendersi una pausa dal gruppo per inseguire un altro progetto musicale nella bellissima Los Angeles. Sostituita da Chris Bonaccia, già chitarra del gruppo australiano Sweet Jayne, le Girlschool incidono l’album “Running wild” (1985), al quale segue l’anno dopo il loro sesto lavoro, “Nightmare at Maple Cross”. Gli anni ottanta si chiudono con la pubblicazione nel 1988 di “Take a Bite” che vede al basso Tracey Lamb, già membro delle Rock Goodness.  Kim, Chris e Denise insieme alla cantante pop, Toyah Willocox, danno vita alle  She devils esibendosi per il Woman in Music festival del dicembre 1990, mentre nell’estate dello stesso anno, Lydie Gallais sostituisce Denise alla batteria cambiando il nome da She devils a  Strange Girls e esibendosi per alti due concerti nel 1992.
Il periodo tra il 1993 e il 1995 vede un susseguirsi di ritorni. La prima a tornare è Kelly. Segue poi  Tracey e pubblicano il cd “Girlschool Live”. Nel 1999 Denise e Kim ingaggiano la chitarrista Jackie Chambers e nel 2000 Kim richiama, dopo 18 anni di assenza dalla band,  Enid Williams in occasione del ventunesimo anniversario del gruppo e, pubblicano nel 2002  “Not that innocent”. Ma la vita  rivela sempre brutte sorprese e cosi nel 2007 Kelly Johnson muore di cancro, ma come recita una bellissima canzone dei Queen “the show must go on” e la band  pubblica in suo onore  l’album tributo “Lagacy” che, vanta anche la collaborazione di grandi artisti come Lemmy Kilmister ( leader dei Mötorhead), Ronnie James Dio e Tony Iommi.
Nel 2010 ritornano in studio per lavorare su “Hit run” in uscita nel 2011. Le Girlschool hanno alle spalle 30 anni di carriera costellata da cambiamenti e riadattamenti a nuove line-up. Hanno lavorato con molti grandi artisti e il loro stile è rimasto sempre grintoso ed energico a cavallo tra l’Hard rock e  l’ Heavy Matal , hanno incassato e reagito alla morte di Kelly senza mai sbagliare un pezzo. Da raccomandare l’ascolto di pezzi come Race With the Devil, Hit and Run, C’mon Let’s go, e il brano inciso come Headgirl, Please Dont’ Touch.
Siamo arrivati alla fine di questo secondo pezzo, ma non crediate che questa rubrica sia dedicata solo a gruppi interamente femminili. È diretta al vasto firmamento delle donne del rock per cui, il prossimo articolo sarà su una cantante, non ho ancora ben deciso chi sarà la fortunata quindi, se siete curiosi non perdete la prossima uscita. 
Voglio chiudere, ricordando Kelly  attraverso le parole delle sue compagne “… the greatest gift of all, The gift of Knowing you….” ( il più grande regalo fra tutti, è quello di averti conosciuto) e dedicandole  il motto della rubrica: Rock'n'roll baby!




lunedì 11 marzo 2013

Svezia. Tra Black Metal e Gothic: Crucified Barbara, una band Haevy Metal.


Ecco cosa succede quando si uniscono due passioni, gli articoli che seguiranno anche nei post successivi, fanno parte di una rubrica dedicata alle donne del rock, ma non nego possibili deviazioni su gruppi che secondo me meritano che vengano spese due parole
 Da donna ma anche, e soprattutto amante del rock, ho sempre ammirato la figura femminile all'interno dei gruppi. Che siano essa cantanti o musiciste poco importa, quello che conta è vederle esibirsi con grinta e tenacia su un palco. Da un’ idea che tenevo chiusa nel cassetto da tempo, nasce questo nuovo appuntamento che vuole tingere il rock di rosa. Quindi per iniziare ce ne andiamo diritti diritti in una delle terre, secondo me, più fertili e suggestive dal punto di vista della scena musicale. Sto parlando dell’affascinante e freddissima Scandinavia, in particolare della Svezia e delle sue “Crucified Barbara”. La loro storia ci porta indietro fino a metà degli anni ‘90 tra le strade della periferia di Stoccolma, quando la bassista Ida Evileye e la chitarrista Klara Force incominciano a suonare insieme. Bisogna aspettare però la fine del decennio per vedere maggiore consistenza quando, entrano nel gruppo Nicki Wiched e la cantante Joey sostituita in seguito da Mia Coldheart.
Con questa prima line-up nel 2000, compongono un brano per una pubblicità di una compagnia assicurativa e sempre nel medesimo anno partecipano al più grande festival svedese Hultsfred Festival. Il 2003 segna una svolta, da un lato Joey esce dal gruppo e viene sostituita da Mia, dall’altro le ragazze siglano un contratto con la GRM Music Group e  incidono l’album d’esordio  “In Distortion we trust” che si piazza all’ottavo posto della classifica svedese. Vincitrici del premio “miglior band esordiente” del 2005 istituito dalla radio rock svedese  P4 Dist, nel 2006 annoverano per la prima volta l’Italia tra le tappe del loro tour mondiale che prevede tra l’altro Francia, Belgio, Germania e Olanda. Nello stesso anno le Crucified Barbara sono invitate ad aprire le date scandinave dei Sepultura e degli In Flames. Questa data consacra le quattro ragazze tra le divinità del rock, tanto che arrivano oltre oceano e pubblicano negli States il loro album di esordio sotto l’etichetta Liquor&Poker e, successivamente partono per un tour inglese con i Motörhead e Clutch.
Alla prima fatica seguono altri due album, “Till Death Do Us Party” e “The Midnight Chase”, quest’ultimo pubblicato nel 2012.
Nato come gruppo hard rock dalle influenze punk, presto le Crucified Barbara maturano uno stile meno grezzo e più melodico che le avvicina alle sonorità dell’ Heavy Metal ma che mantiene nei riff molte similitudini con uno dei gruppi capisaldi del rock, i Mötorhead. Per chi non le conoscesse ancora, consiglio di avvicinarsi al loro stile grintoso ascoltando pezzi come “In Distortion we trust” dove la chitarrista Klara, mette in evidenza anche le sue doti canore, cimentandosi con ottimi risultati oserei dire, in un growl non meno degno di quello dei suoi colleghi maschi. Agli inguaribili romantici, amanti delle ballads le Crucified Barbara dedicano il brano più soft “Jennifer” tratto dal secondo lavoro, mentre se volete un approccio più da Mötorhead vi consiglio il brano “Everything we need” contenuto nel nuovo album.
Rimandandovi al prossimo appuntamento vi ricordo che, ovunque voi siate e con chiunque voi siate alzate gli occhi al cielo e gridate  Rock’n’ roll baby.